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PAOLO LEVI

Critico d'arte, giornalista, saggista. E' stato membro del Consiglio di Amministrazione della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino negli anni 1970/1975 e membro del Consiglio Direttivo della Galleria Civica d'Arte moderna di Torino negli anni 1975/1980. Ha scritto per le riviste Capital, Bell'Italia, Architectural Digest, l'Europeo, il Mondo e per quotidiani come Il Sole 24 Ore e la Repubblica. Dal 1969 dirige, prima per la Giorgio Bolaffi Editore e, in seguito, per la Giorgio Mondadori Editore e per il Catalogo Nazionale d'Arte Moderna. Dal 2010 è direttore della rivista Effetto Arte.





"Ciò che colpisce dell'opera di Gioacchino Loporchio è la freschezza delle sue composizioni, dove segno e colore sono splendidamente nitidi e armonicamente ritmati. La sua arte può essere collocata tra le istanze surreali e gli impalpabili confini dell'onirico che richiamano la lezione estetica di Mirò e di Chagall per la sua rivisitazione del reale, per la presenza di simboli, per lo studio approfondito sul colore e per il magico fluttuare degli oggetti posti sulla superficie pittorica.

I paesaggi di Loporchio sono rielaborazioni fantastiche dove appaiono architetture bizzarre che sembrano traslare da una fiaba orientale, disponendosi lungo percorsi immaginari che progrediscono in un rincorrersi di linee sinuose, verso cieli limpidi e pastosi di colore o planando su mari pacifici. Le cromie sono brillanti, declinate in tonalità pastello che si fanno gioiose e accattivanti all'occhio di chi osserva. La costruzione dell'opera è profondamente studiata per ottenere simmetrie ed equilibri che reggono con rigore geometrico la composizione. 

Pur nella fantasticheria più esaltata e incantata, tutto appare ordinato, come se la costruzione surreale che risulta e risalta dalla stesura cromatica si proponesse come l'unica forma logica e quindi risoluzione in immagine, di un pensiero altrimenti inesprimibile.
Sentieri dorati e cieli tersi trasmettono un grande senso di libertà e invitano a indagare i simboli che il pittore utilizza per trasmettere il suo messaggio.
Il linguaggio elaborato da Loporchio è ricco e di forte impatto visivo, dotato di un'immediatezza espressiva che nulla toglie alla profondità emotiva e di significato delle sue realizzazioni. Il pittore si fa così cantore di una realtà in cui è piacevole immergersi, riconoscendo sogni e desideri sopiti nel nostro inconscio".



                                                                                                                          PAOLO LEVI





ROBERTO CIPRIANI
E' un sociologo Italiano, laureato in lettere all'Università di Roma “La Sapienza” nel 1968, con una tesi su “La sociologia religiosa in Italia”. Nel 1971 ha iniziato la sua collaborazione alla rivista La critica sociologica, fondata e diretta da Franco Ferrarotti. Dal 1990 al 1994 è stato presidente del "Research Committee" di Sociologia della religione nell'International sociological association . Dal 1994 al 1998 ha diretto il periodico International sociology. Dal 1997 è ordinario di Sociologia generale all'Università di Roma Tre, dove dal 2001 dirige il Dipartimento di Scienze dell'Educazione. Dal 2004 al 2007 è stato presidente dell'Associazione italiana di sociologia. Dal 2007 al 2008 è stato coeditore di Annual review of Italian sociology. Dal 2009, infine, è presidente del Consiglio europeo delle Associazioni nazionali di Sociologia, nell'ambito dell'European sociological association.


"Di primo acchito la pittura di Loporchio colpisce per il suo nitore, l'accorta scelta del colore mai eccessivo ma sempre tenue, delicato, garbato, allusivo più che significativo, espressivo più che didascalico, ma anche per la sua inventività, il suo estravagare, cioè il suo viaggiare extra, uscire fuori, che emblematicamente risulta rappresentato nel suo disegnare oggetti che debordano dai loro stili abituali, escono fuori dall'orbita di pertinenza e girovagano nello spazio, quasi palloni aerostatici frenati a terra dall'oggetto da cui derivano. Guardando i lavori di Gioacchino il cui segno esonda, attraverso lo spazio, quasi stella filante destinata ad esplodere nel vasto cielo, non può non venire in mente il grande Marc Chagall ai cui angeli si sostituiscono stelle e fiori, farfalle inverosimili e lumache volanti, come pure il grandissimo Giorgio De Chirico con le sue fantasie oniriche, extraspaziali, inverosimili, eppure dotate di un fascino che non lascia indifferenti. 
Ma è soprattutto l'andamento spiraliforme, elicoidale, che sembra prevalere, come una sorta di DNA dell'artista, che si rende manifesto nella realtà-metafora dell'arte. Sono antenne lasciate nell'etereo per captarne i segni e riproporne le percezioni. Sono anche onde e megafoni-grammofoni che amplificano il solco da cui partono per riprodurre qualcosa che non è più un suono od una musica ma un tratto di pennello, una strisciata cromatica, un invito alla riflessione sulle valenze simboliche della natura, talora trasformata in supporto di case sospese in aria che si reggono su strani alberi. 

L'artista cerignolano rimanda chiaramente alle correnti delle avanguardie pittoriche, con il già citato De Chirico in primo piano ma segnatamente l'Henri Matisse. Ma i richiami non si esauriscono qui, giacché vanno ben oltre sino ad allusioni al Vassily Kandinsky di "Sul Bianco". C'è però un autore che non può non esser citato: è Joan Mirò. Si vedano i suoi lavori: son tanti quelli che farebbero pensare a Loporchio come un esponente del surrealismo appartenente alla di Mirò stesso. 
Orbene non vorrei che tutto quanto ricordato sinora fosse una mera e vieta esibizione erudita. La mia intenzione è solo di rivelare ciò che può non essere noto in merito all'opera loporchiana. Ed in definitiva scoperti alcuni arcani, taluni percorsi previi e sotterranei, è ben evidente che Loporchio non è un semplice sincretista di correnti ed ispirazioni varie. Non è facile ipotizzare che tutti gli autori citati sopra siano stati "saccheggiati". Di Loporchio quel che è certo è il suo orientamento trasognante, che si avvale di un tratto elegante, per inseguire farfalle virtuali, sperdendosi nei meandri curvilinei dello stelo di un fiore, o del guscio di una lumaca o del carapace infiocchettato di una testuggine. Un semplice imitatore ? No, perché le sue intenzioni sono molteplici, il suo onirismo prescinde da modelli illustri, la sua pittura si attesta con un profilo tutto suo, peculiare, dunque originale e persuasivo, insomma da artista più che credibile".

                                                                                                                     ROBERTO CIPRIANI

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